martedì 26 luglio 2011

Nella fabbrica occupata rivendicando un lavoro

A presidiare la fabbrica sono venuti in tre: con Eugenio Avvisato, responsabile di reparto da vent'anni all’ex Profim (Gruppo Florida) e la sua compagna Michela c'è anche la loro bimba di otto mesi appena. Il futuro della Profim è il loro futuro, visto che Eugenio e Michela sono una delle famiglie, tra le 90 coinvolte, il cui destino è legato a doppio filo allo stabilimento di Prata di Sopra. Fino a un paio di mesi fa, Eugenio e Michela facevano progetti e investivano sul futuro; oggi quel futuro è un mucchio di rate e spese fisse alle quali, con i soldi che entrano in casa, non si riesce più a far fronte. Ne parlano spesso, con gli altri lavoratori dell’ex Profim con i quali si alternano nel gazebo allestito all'esterno dello stabilimento, ma anche con la gente che passa e si ferma a fare due chiacchiere e magari a portare qualcosa da mangiare ai manifestanti. «Lasceremo il presidio quando avremo la possibilità di tornare a lavorare - assicurano Eugenio, Michela e gli altri - non molleremo prima».
      Eugenio, da quanto tempo lavora alla Profim?
      
«Io sono qui da quasi vent'anni, dal febbraio del 1992, dopo un paio di brevi esperienze in altre aziende. La mia compagna Michela da nove».
      Quando si sono cominciati ad avvertire i segni della crisi?
      
«In modo certo da un mese e mezzo. Prima, nonostante la cassa integrazione iniziata tre anni fa e le difficoltà che interessavano tutta la zona del mobile, c'era un piano per la ripartenza. Un mese e mezzo fa abbiamo saputo come stavano le cose e da 36 giorni abbiamo allestito il presidio».
      Com'è nata l'idea del presidio?
      
«È nata dalle Rsu dopo che l'azienda ha manifestato la volontà di lasciare a casa i 90 dipendenti, perché non ci stiamo a perdere il nostro posto di lavoro, che è un diritto».
      Come vi siete organizzati?
      
«Inizialmente abbiamo allestito un presidio all'interno della fabbrica che è durato due-tre giorni, poi ci siamo spostati all'esterno. In un primo momento facevamo quattro turni per coprire il giorno e la notte, della durata di sei ore ciascuno, con quattro persone per turno. Adesso facciamo tre turni di cinque ore, due persone per volta».
      Che reazioni ha suscitato questa iniziativa?
      
«In un primo momento c'è stato anche qualcuno che ci ha deriso, ma poi hanno comunque capito che non facciamo niente di male, siamo qui solamente a manifestare per il nostro posto di lavoro. Ma da parte della gente abbiamo trovato soprattutto molta solidarietà: c'è anche qualcuno che passa a portare una torta o si ferma a farci compagnia».
               La sua vita com'è cambiata in questi mesi?
      
«Se prima faticavamo ad arrivare a fine mese, adesso è impossibile farcela. La macchina si ferma, le ferie sono un ricordo lontano e ci si sveglia la mattina con il pensiero, appunto, di come riuscire a pagare il mutuo. Noi abbiamo comprato casa nel 2009, accendendo un mutuo da 700 euro al mese, al quale si aggiungono tutte le altre spese fisse, dalle rate della macchina al mantenimento del figlio maggiore della mia compagna. In tutto quasi 1.500 euro, che sono quasi l'importo della cassa integrazione. E poi naturalmente ci sono le spese per la bambina».
      Ha provato a cercare un altro impiego?
      
«Sì, ma si trovano solo contratti di sostituzione a termine, della durata di trenta giorni: quello che basta per pagare una rata del mutuo. Oppure avrei dovuto andare a lavorare a Motta di Livenza per meno di mille euro, ai quali avrei dovuto sottrarre il costo della benzina per arrivare là. È l'intero sistema del mobile a essere al collasso. Quanto alla mia compagna, lei non ha trovato assolutamente nulla: per una donna è ancora più difficile, soprattutto con una bambina piccola».
          Quando lascerete il presidio?
      
«Lo lasceremo quando avremo la possibilità di ritornare a lavorare, quando si profilerà un minimo di soluzione imprenditoriale, e non molleremo prima. Sappiamo che le possibilità attualmente sono pari a zero, ma una soluzione, seppur minima, ci deve assolutamente essere».


Domenica 24 Luglio 2011, Il Gazzettino

Nessun commento:

Posta un commento