domenica 19 giugno 2011

La Profim resta occupata I lavoratori non mollano

Una cosa è certa «noi siamo qui e non molliamo». L’assemblea permanente con occupazione della fabbrica, la Profim - Gruppo Florida - di Prata, da parte dei 91 dipendenti che rischiano di perdere il lavoro, va avanti. Lo hanno ribadito ieri anche al vicesindaco Marzo Maccan che si è recato allo stabilimento per informare i lavoratori che l’amministrazione «si sta muovendo, come può e con gli strumenti che ha. Ci stiamo attivando anche con gli istituti di credito per verificare le migliori proposte che consentano di erogare gli anticipi della cassa integrazione», mentre il Comune si farebbe carico del pagamento degli interessi. E’ un aiuto, e quindi ben accetto, ma «gli ammortizzatori sociali non sono la soluzione che vogliamo - puntualizza Michele Sica, Rsu Cgil -. Noi vogliamo una soluzione industriale!». Ed è un coro di “sì” a seguire la dichiarazione di Sica da lavoratori, uomini e donne, che si sono sentiti «presi in giro da una proprietà che prima ci propone un piano industriale da 25 milioni di euro, di cui 7 di capitale proprio, e che poi nega un solo milione di euro per dare corpo ad un piano di rilancio interno che prevedeva di riassumere metà dell’occupazione attuale (91 dipendenti)». 
Dal Gruppo Florida, che sta tentando di chiudere con un concordato, potrebbero ripartire tre aziende, ma non la Profim, per la quale non ci sono, allo stato, progetti di ripresa. Semplicemente «inaccettabile» per questi lavoratori giunti al terzo giorno di occupazione. «Ho trascorso 20 anni di questa azienda - racconta Paola Biscontin -, ho conosciuto le 10/12 ore al giorno e i sabati obbligatori, adesso non possono venirmi a dire che si chiude e si mette la gente in mezzo alla strada. Io non ci sto!». Marito e moglie in Profim, con mutuo da pagare, due figli di 6 anni e 7 mesi, Eugenio avvisato chiede «al padrone: lei ha assicurato sette generazioni, io che cosa assicurerà il prossimo mese?». «Non accettiamo che si calpesti la nostra dignità - aggiunge Nicola Rumiato -. Dopo tante promesse non mantenute, hanno anche avuto il coraggio di chiederci di produrre per altri due giorni». Non per dare continuità all’azienda «ma per riempire le casse del concordato, senza nemmeno dirci che lo avevano avviato». Sui volti di questa gente non c’è la disperazione, solo la volontà di combattere per il proprio lavoro, per il proprio futuro.


Il messaggero 18.16.2011

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